Stato d'assedio by Duccio Balestracci;

Stato d'assedio by Duccio Balestracci;

autore:Duccio, Balestracci; [Balestracci, Duccio ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Biblioteca storica
ISBN: 9788815366924
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2021-08-15T00:00:00+00:00


esattamente come si ripeterà nell’assedio del 1554-1555, quando si può far conto solo sull’acqua piovana, e nel periodo in cui, per quaranta giorni, non cade una goccia, chi vuole un boccale d’acqua potabile deve essere pronto a sborsare fino a 4 soldi[177].

3. Razionamenti, accaparratori, borsa nera

La penuria alimentare ha come logica conseguenza la necessità di razionamento, che è, a sua volta, il più chiaro indicatore dei parametri applicabili alla conservazione della tenuta sociale di una città in stato d’assedio. A prescindere dall’ovvia variabile indipendente del ceto al quale si appartiene e che permette di reggere più o meno bene gli aumenti dei prezzi delle derrate e di accedere più o meno facilmente alla borsa nera, resta comunque il fatto che, in linea teorica, quando c’è bisogno di razionare il cibo, il soldato di professione si colloca sul punto più alto della classifica, seguito dal civile maschio adulto che ne riceve comunque più del civile maschio vecchio. All’ultimo gradino si trovano gli elementi meno determinanti: donne (di qualsiasi età) e bambini.

Il caso dell’assedio senese di metà Cinquecento è, da questo punto di vista, emblematico: la razione di pane cala a 20 once (poco più di mezzo chilo) al giorno per i militari e a 15 (meno di mezzo chilo) per i civili. Poi le assegnazioni si riducono ulteriormente: 18 once per i primi e 14 per i secondi e, di seguito, 14 (circa 4 etti) e 10 (più o meno 3 etti)[178]. Solo come curiosità comparativa, si ricorderà che queste sono quasi le stesse quantità delle quali dispone la popolazione assediata a Leningrado fra il 1941 e il 1942. Qui la dotazione giornaliera di pane pro capite a disposizione arriva a 375 grammi per gli operai delle fabbriche di primaria importanza e scende a 250 grammi per gli ingegneri e i tecnici, fino a 125 per gli impiegati, i non lavoratori (le donne prima di tutto) e i bambini. Perfino i soldati si vedono ridurre il pane del 44,5% per i combattenti di prima linea (che alla fine dovranno accontentarsi di mezzo chilo al giorno) e del 62% per le retrovie e i servizi[179].

Anche per chi gode di una collocazione apparentemente privilegiata, insomma, le cose possono mettersi male: a Napoli, nell’assedio del 1528, nel momento più critico la razione giornaliera comune di un soldato è costituita da un piccolo pane nero, per di più male impastato perché manca l’acqua[180].

Logicamente, la sofferenza per questo stato di cose non riguarda solo gli umani: a Mantova, nel corso del secondo blocco del 1796, finisce il fieno e la mezza porzione si applica anche ai cavalli e agli altri equidi[181].

Sono rari i casi come quello di Pavia (1524-1525) nei quali una politica di previdente accantonamento preventivo, unita alla possibilità di effettuare sortite per procacciare cibo, rende sostenibile il blocco e contiene in maniera non esasperata l’incremento dei prezzi[182], perché di norma la loro curva sale vertiginosamente, incurante delle calmierazioni, più atto di buona volontà che strumento realmente funzionante.

Già Salimbene testimonia che nell’Ancona assediata del 1172



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